L’osservazione razionale della spiritualità; l’estasi dell’intelletto attraverso la seduzione del palcoscenico, in un unico spazio dove sono le meditazioni filosofiche a precedere la settimana pasquale, sotto le foglie dorate delle palme che hanno colorato spiritualmente la domenica del villaggio. Questo l’augurio prefestivo della compagnia Teatro di Calabria Aroldo Tieri, che ieri sera ha messo a nudo le possibili metamorfosi di un personaggio storico e mitologico tra i più suggestivi: il mito del fuoco e della montagna nelle Tentazioni di Prometeo, in scena al Centro Polivalente/Caffè delle Arti di Catanzaro, con il sostegno e la collaborazione del Circolo Placanica. L’introduzione è affidata allo stesso Prometeo o meglio le sue possibili rappresentazioni raffigurate dalla riflessività mimetica di Paolo Formoso, uomo forte, coraggioso, ma anche  sprezzante, orgoglioso e arrogante nel confidare ad un pubblico già ipnotizzato l’amore per il teatro che gli permette di entrare in contatto con la sua essenza, di guardare avanti come è nel suo nome (Pro-Meteus: colui che che guarda avanti), determinato anche con ironia le ambiguità dell‘ essere attraverso il rischio della Personalità. Il protagonista esce di scena per lasciare il palco al narratore, che rappresenta anche la coscienza di esso, immedesimata nell’ esposizione del Professore La Rosa, sceneggiatore e autore dei testi della compagnia, che omaggia la giornata di festa con un lavoro richiama alla riflessione interiore sulla superficialità del mondo e lo fa riprendendo alcuni di testi scritti qualche anno fa e che richiamano l’ elemento prometeico racchiuso nelle storie di alcuni grandi personaggi della storia; “tutte, dice lo stesso professore, possibili rappresentazione del mito nel corso della storia dell’umanità, per evidenziare come la vicenda umana nel corso della sua evoluzione sia sempre stata assorbita e asservita all‘ evoluzione tecnologica. Una risoluzione che ha illuso l’uomo sulla possibilità di piegare il mondo alle sue esigenze, correndo il rischio di rompere l’ equilibrio naturale dell’esistenza”. Egli elabora le pulsioni dell’uomo, mettendole a confronto con le sue  sensazioni interiori come avviene nel Dialogo tra Francesco d’Assisi e Papa Innocenzo, nell’opera “La Follia di Francesco”, nella quale i personaggi incarnati rispettivamente da Salvatore Venuto e Aldo Conforto, affrontano i demoni della loro spiritualità, cosicché l’umiltà e l’umanità del primo viene a scontarsi fortemente con  l’austerità del pontefice che di fronte a quel piccolo frate, sente per la prima volta la fragilità mutevole e del suo potere temporale. Giunge poi il momento di Dante Alighieri; il Sommo Poeta, il cui  canto V e XXVI dell’Inferno e , vengono affidati alla delicata ma intensa interpretazione di Mariarita Albanese e Anna Macrì, dando a figure quali Francesca da Rimini e San Bernardo dei tratti di umanità non più compassionevoli, ma profondamente introspettivi nella drammatica considerazione delle vicende umane. Lo spettacolo si è concluso con la lettura di un’altra piccola opera, frutto dell’ingegno di La Rosa:  La morte di Karol, dove una riflessione sulle diverse interpretazioni dell’aldilà, determinano l’incertezza e anche un bisogno di rassicurazione di Papa Giovanni Paolo II, da parte di uno dei padri della cultura laica del Novecento, Martin Heidegger, nel momento del suo trapasso. Ispirati al tema del Prometeo, questi dialoghi si legano particolarmente alle festività pasquali ed agli accadimenti dell’ attualità più recente, che ha visto l’elezione del nuovo Papa. La Resurrezione mostra simbolicamente la capacità umana di risollevarsi dopo la caduta della ragione, in forza di ispirazioni più alte e generose. Attraverso i testi di Dante e di altri autori, è stato possibile riflettere sul rischio della libertà che minaccia i nostri tempi e, in particolare, la civiltà occidentale, ubriacata da una tecnica che promette tutte le risposte ma che, sempre più spesso, si mostra incapace di darne.

Si ringraziano Fausto Bisantis e la redazione di OndaCalabra.it